Tra il 1855 e il 1858, il fotografo Nadar, nel corso di alcune sedute di posa, esegue una serie di ritratti del poeta Charles Baudelaire. Nadar osserva Baudelaire con il suo ingombrante congegno. Il poeta, immobile, risponde allo strumento e al suo operatore con tutto ciò che egli è: un corpo stempiato dalla potenza del genio e uno sguardo tagliente e adamantino. Ne escono immagini che sono poesia pura, affiorata dal riverbero tra un poeta e un fotografo. Basta guardare, guardare gli occhi di uno di quei ritratti perché istintiva sorga la domanda: quanto universo è passato attraverso quelle pupille? Quanta visione ne è sgorgata?

Partendo da questa risonanza tra artisti e tecniche, nasce La Pupilla di Baudelaire: una collana editoriale che si propone di riunire in maniera fluida due linguaggi tra loro distinti, seppur complementari: la narrativa e la poesia – nell’accezione più ampia del termine – e la fotografia, quella ovvero realizzata, ancor oggi, con strumenti analogici e su pellicola bianco e nero. Niente di più, niente di meno. Narrativa e fotografia, sì, ma anche una terza via, ovvero quella che combina la narrativa poetica e la musica sperimentale o l’immagine in movimento.